giovedì 2 febbraio 2012

Books I read 3 - Q, Luther Blisset

Q inizia così:
Sulla prima pagina è scritto: Nell'affresco  sono una delle figure di sfondo.
ed è un libro di 643 pagine che ho letto in pochi giorni ma mi ha lasciato un po' perplesso.

Per prima cosa alcune piccolezze estetiche che, pur nella loro piccolezza estetica, importano. Prendete la prima frase, per esempio. La lettera maiuscola dopo i due punti. Poi un uso eccessivo dei punti esclamativi, a volte multipli (!!!), altre volte affiancati a punti interrogativi, con (! ?) o senza (!?) spazio interposto. Poi dialoghi che iniziano con un "Oh!", a scimmiottare (un po' grossolanamente) il parlato colloquiale. Mi darete del fissato, ma penso che l'estetica della pagina stampata sia importante. E non penso di essere un purista, non credo che ci sia un modo di scrivere le cose (maiuscole dopo i punti, virgolette a cingere i dialoghi, eccetera). Credo che lo stile, anche tipografico, possa far parte dello stile di uno scrittore. Prendete Saramago, per esempio, o McCarthy, che mescolano i dialoghi al narrato, o Celine che sembra mettere le virgole a caso, o Vonnegut che infila disegnini tra le pagine dei suoi libri. Tutta questa roba è esteticamente impeccabile. Dà piacere. Sfogliare quelle pagine è bellissimo. Le pagine di Q, invece, a mio parere non lo sono, impeccabili, e queste sbavature a volte (mi) irritano un po'.

Q è un romanzo storico, ambientato nel periodo della riforma e controriforma Luterana. Quasi 40 anni di storia, e come scenario le città europee che ne sono state protagoniste, prima in Germania, poi in Olanda e infine in Italia. Il protagonista è un eretico che si ritrova coinvolto, talvolta come combattente e talvolta come fuggiasco, in tutte le principali sollevazioni, lotte e complotti religiosi dell'epoca: la rivolta dei contadini, la presa e la caduta di Münster, la persecuzione degli eretici anabattisti, la stampa e la diffusione di libri messi all'indice dalla chiesa di Roma. In tutte queste vicende il protagonista si imbatte, senza però mai incontrarlo, in Q, Quoèlet, una spia itinerante al servizio del cardinale Gian Pietro Carafa, che da Roma coordina la repressione dei movimenti eretici in tutta Europa e allo stesso tempo cerca di contrastare le idee Luterane. Per gran parte del libro Q compare solamente attraverso le lettere che lui stesso scrive a Carafa, lettere che contengono i resoconti delle sue investigazioni. Q scrive anche ai capi dei movimenti anabattisti, e si infiltra tra di loro, fingendosi amico e complice e inducendoli a commettere errori fatali.

Dunque l'eretico anabattista e i suoi compagni sono i buoni, Q è il cattivo. E i loro reciproci inseguimenti da un capo all'altro d'Europa sono raccontati col ritmo incalzante che costituisce indubbiamente l'aspetto migliore del libro. Molto, forse tutto, si gioca sul mistero dell'identità di Q, e devo dire che, benché la tensione resti sempre altissima per tutto il libro, la rivelazione finale sulla sua vera identità appare un po' deludente, quasi incongrua.

Il punto è che in Q i "buoni", qualsiasi cosa questa parola significhi, spesso sono buoni in maniera un po' stucchevole e caricaturalmente idealista, mentre i "cattivi", qualsiasi cosa questa parola significhi, lo sono in maniera molto meno irritante. Quindi, come ha detto saggiamente e simpaticamente N., il rischio è di ritrovarsi, ad un certo punto, a tifare per Q e desiderare la morte di tutti gli anabattisti. Cosa che, tra l'altro, più o meno avviene.

2 commenti:

  1. Io lessi Q qualche anno fa, e non ci ho trovato questo ritmo incalzante. Per essere sincera,più o meno a metà abbandonai. Mea culpa, ma fino a un certo punto: un giorno il mio professore di italiano me lo consigliò, io risposi "sì, lo sto leggendo" e lui (che l'aveva trovato bellissimo) molto simpaticamente, mi spoilerò il finale (tanto odio). Era destino che io e Q non ci incontrassimo mai.
    Alex V

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  2. caro Manoel: grazie della recensione, che attendevo con ansia, e anche della cit. e grazie anche di aver svelato a me, che sono una donna bionda, sicché un po' stupida nonché col cervello brinato (quello solo oggi) qual era il mio problema con gli Anabattisti, che non avevo capito a livello razionale. erano troppo senza macchia! fastidiosamente *buoni e perfetti*! come quella tizia, lì, la moglie del capo della rivolta contadina, Isolde, o come si chiama: detestabile! ecco, quindi gli Anabattisti muoiono tutti? lo sospettavo, ma grazie della conferma. gli Anabattisti del libro se lo sono sicuramente meritato, così imparano ad essere così saccenti. tiè!

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